Dizionario del Cristianesimo

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Introduzione

Il concetto di miracolo, inteso come fatto assolutamente contrastante le cosiddette leggi naturali e dovuto all’intervento di forze o di entità extraumane o superumane, può essere applicato dagli storici a varie situazioni nell’ambito di molteplici e diverse sfere religiose. Nella tarda antichità, scrive Agostino, i gentili  contrapponevano i miracoli di Apuleio e di Apollonio di Tiana a quelli di Cristo . In quel contesto, i nomi di Apuleio e di Apollonio implicano un riferimento diretto alla magia. I risultati delle pratiche magiche sono sempre “miracolosi”, in quanto, al di fuori della magia, le medesime cause non provocano i medesimi effetti. Si tratta però di miracolo di una specie particolare: chi li opera si considera indubbiamente depositario di forze extraumane, ma le sue capacità acquistano spesso carattere di conoscenze, di scienza segreta e sia pure di scienza sacra. Molto spesso tali miracoli hanno luogo al di fuori di ogni religione organizzata e anche il loro intrinseco valore religioso può essere scarsamente rilevante. Non così, naturalmente, quando si tratta di culture religiosamente orientate proprio dall’azione miracolistica di uno sciamano o di un medicine man. Singolare valore religioso hanno i miracoli operati direttamente dalla divinità o da chi non solo controlla forze extraumane, ma è immediato portatore o incarnazione del dio. Pressoché tutte le religioni che credono nella comparsa in terra di un portatore o di un’incarnazione della divinità, attribuiscono a tali esseri eccezionali la facoltà di operare miracoli. Le tradizioni sulla vita di Buddha, Cristo , Muhammad, Mani (per limitarci agli esempi più importanti), recano tutte la testimonianza di miracoli, che non solo hanno valore simbolico (guarigione, risurrezione , trasmutazione di sostanze ecc.), ma testimoniano generalmente un’intuizione globale della realtà sensibile e di tutte le realtà possibili (compresa quindi quella del miracolo), intuizione che diviene vera oltre che possibile nell’epifania  del divino.

Cristianesimo

In senso stretto il miracolo è un fenomeno interiore o più comunemente esteriore, che si presenta con tale carattere di meraviglioso, tanto eccezionale e straordinario da far ritenere che si debba attribuire a cause trascendenti le forze naturali, note o ignote, ossia a cause preternaturali (spiriti buoni o cattivi) o anche strettamente soprannaturali (Dio  stesso). Il miracolo in se stesso è un fatto che la religione non riesce a spiegare, in ultima analisi, se non risalendo a un intervento speciale dell’autore della natura. Considerando il miracolo non un fatto assurdo, ma un fatto superiore a tutte le forze naturali, essa lo attribuisce all’onnipotenza divina. Il cristianesimo distingue il miracolo invisibile, come la transustanziazione nella consacrazione eucaristica, e il miracolo visibile. Nel primo caso si ha un miracolo dogmatico, conoscibile solo per rivelazione e per fede ; nel secondo si ha un miracolo controllabile sperimentalmente. La teologia  cristiana ha un atteggiamento possibilista nei confronti del miracolo; la storia recente del pensiero occidentale ha però registrato posizioni con orientamento negativo o scettico. La possibilità fisica del miracolo si riferisce alla causa da cui procede, che per il cristiano è Dio, con un suo speciale intervento. Quest’intervento straordinario o miracolo nella teologia classica è detto “soprannaturale” quanto alla sostanza, quando il suo obiettivo è considerato irraggiungibile dalle forze naturali (come la creazione di un organo mancante, la risurrezione di un morto); sarebbe un intervento preternaturale, ossia soprannaturale quanto al modo soltanto, quando il suo obiettivo fosse raggiungibile dalla natura in altri modi, ma non in quel modo (guarigione istantanea da malattia, curabile o incurabile, senza mezzi naturali). La possibilità gnoseologica del miracolo si riferisce alla sua conoscibilità da parte dell’uomo; essa suppone, per ogni caso concreto, speciali condizioni di obiettivo accertamento (verità storica), sufficiente criterio di discernimento della sua superiorità alle forze della natura (verità filosofica) e della sua attribuzione a Dio (verità teologica).