Dizionario del Cristianesimo
Definizione
Dal greco theologìa e theós, divinità, e lógos, discorso.
Filosofia
Termine di origine greca che designò dapprima la sapienza intorno alla natura e alle opere degli dèi, quale si esprimeva nella poesia religiosa (Omero, Orfeo, Esiodo) della Grecia antica; e che più tardi, con Aristotele e lo stoicismo, assunse un significato più vicino a quello di problematica concettuale dell’esperienza religiosa: Aristotele definì infatti “teologia” la sua “scienza prima”, cioè la metafisica, che egli intendeva, nello stesso tempo, come scienza dell’essere in quanto essere, cioè della sostanza, come scienza della sostanza eterna, immobile e separata, cioè il dio . Questo concetto della teologia come metafisica è rimasto per lunghi secoli. Per Plotino la teologia era la sola scienza degna del nome. E da questo punto di vista spesso il neoplatonismo chiamò “teologi” tutti i filosofi, anche i fisici o i materialisti, perché si occupavano, come dice Proclo, dei “principi primissimi delle cose in quanto per sé sussistenti”. Quest’uso continuò nella filosofia cristiana: né nella patristica né nella prima età della Scolastica si potrebbe rintracciare una delimitazione precisa fra teologia e filosofia. Nel XVII secolo si cominciò a distinguere la filosofia prima, che si chiamò anche ontologia, dalla teologia; e si cominciò a distinguere anche la teologia come scienza. Queste distinzioni si trovano chiaramente stabilite nel De augmentis scientiarum (1623) di Francesco Bacone, che chiamò “teologia naturale” la conoscenza che si può ottenere di Dio “mediante il lume della natura e la contemplazione delle cose create”. L’espressione baconiana “teologia naturale” fu ripresa e diffusa da Christian Wolff che la considerava come una parte della filosofia, la quale è in generale la scienza delle cose possibili. Alexander Gottlieb Baumgarten insisteva sul carattere razionale della teologia così intesa e fu questo il concetto di teologia che subì la critica di Immanuel Kant nella Critica della Ragion Pura. Kant, tuttavia, distinse, nella teologia razionale, la teologia trascendentale che “concepisce il suo oggetto mediante concetti trascendentali”, e la teologia naturale che si avvale di “concetti che ricava dalla natura”. A sua volta la teologia trascendentale può essere cosmoteologia, se deduce l’esistenza di Dio dall’esperienza in generale; oppure ontoteologia, se deduce la sua esistenza con semplici concetti senza ricorrere all’esperienza. Infine, la teologia naturale può essere o teologia fisica, se risale agli attributi di Dio, movendo dall’ordine e dalla costituzione del mondo, o teologia morale, se considera Dio come il principio dell’ordine e della perfezione morale. La teologia rivelata o sacra (o soprannaturale) è quella che desume i suoi principi dalla rivelazione, secondo la concezione di san Tommaso. Questa era la teologia che Duns Scoto considerava come scienza puramente pratica di fronte alla metafisica, che egli considerava come la scienza teoretica per eccellenza. La negazione del valore conoscitivo della teologia persiste, sul finire della Scolastica, anche quando non si riconosce alla sua totalità il carattere pratico. Guglielmo di Occam considerava la teologia non come una scienza, ma come un semplice insieme di conoscenze diverse, teoretiche e pratiche, poggianti esclusivamente sull’autorità e aventi lo scopo di avviare l’uomo alla salvezza. Questo concetto non è molto diverso da quello che Baruch Spinoza doveva esporre più tardi nel Trattato teologico-politico. Il concetto della teologia negativa è sorto e si è tramandato nell’ambito del misticismo e si trova nei trattati dello Pseudo Dionigi. Essa viene ripetuta da Scoto Eriugena, ripresa dal misticismo speculativo tedesco del XIV secolo e nel Rinascimento da Nicola Cusano e da Carlo Bovillo. Si può considerare come una manifestazione di questa teologia, rivissuta attraverso l’esperienza di Soren Kierkegaard, la cosiddetta teologia della crisi di Karl Barth che considera il rapporto tra l’uomo e Dio come la negazione di tutte le possibilità umane (crisi) e la loro riduzione a mere impossibilità.